The more you hold on to
me,
The less I'm yours to keep
The more you hold on to me
I will try not to leave...
Il fragilissimo istante in
cui torni alla realtà, dopo un'intensa e penetrante ballata. Hai la
pelle d'oca, l'ultimo accordo risuona flebile, appeso all'elettricità
di un silenzio assoluto. Non vuoi lasciare la presa ma sei
consapevole che tra un attimo gli applausi faranno svanire
l'incantesimo, e il presente si tramuterà in passato.
Non sei veramente sicuro
se si tratti di sogno o realtà. Allora ti volti e capisci dallo
sguardo dei tuoi amici di non essere solo. Hai la pelle d'oca e un
leggero senso di dolce nostalgia, ma ti senti vivo.
La canzone si intitola “In Dictum”, ed è così che mi sentivo a fine concerto. Quel senso di
benessere, quando sei preso alla sprovvista da qualcosa di
mozzafiato, come vedere il panorama di Parigi dalla collina di
Montmatre per la prima volta ed esclamare “Holy shit!”. Ecco, il
concerto di Wallis Bird era una sensazione “Holy shit!”, gli
assenti hanno avuto torto.
Irlandese di nascita ma
tedesca d'adozione, quattro gli album all'attivo, ha già calcato il
palco dell'Etnoblog in versione “One band girl” due anni fa (qui
l'intera performance). Questa sera l'intensità era ancora maggiore,
grazie ad una setlist più calibrata e al ponderato utilizzo di una
loop station e di un microfono puntato al pavimento che amplificava
il (sempre perfetto) ritmo che teneva con i piedi.
Le canzoni funzionano
meglio con questi arrangiamenti scarni che su disco o full band. Un
equilibrio perfetto tra energia femminile allo stato primordiale e
sensibilità cristallina, tra canzoni suonate alla velocità della
luce e momenti meditativi. Una performance sensuale, fatta di sudore,
corde spezzate, continui scambi di battute con il pubblico (a dire il
vero sparuto ma corretto e ricettivo). “I'm gonna talk slow, and
play fast” dice all'inizio, imbraccia la chitarra (che suona al
contrario) e attacca con l'ipnotica “Girls”. Impossibile stare
fermi.
Holy shit !
Nessun commento:
Posta un commento