Tre novembre, concerto intimo ed esclusivo al Koko di
Londra, filmato per il documentario “20.000 Days On Earth” incentrato
sulla vita del cinquantaseienne Nick Cave e in uscita il prossimo anno.
L’ingresso è riservato ai pochi fortunati vincitori di un ballottaggio a
cui ci si poteva iscrivere online solo un mese prima: è andata bene e
tra poco sarò tra il pubblico. Alle 19, dopo quattro ore di attesa,
comincia a scendere una gelida pioggerellina inglese ed è a quel punto
che si aprono le porte. Club molto elegante, palco raccolto, niente
transenna, 900 persone circa, di cui solo 11 nella prima fila.
L’esclusività dell’evento è palpabile. A venti minuti dall’inizio del
concerto due cameraman si posizionano nel ristretto spazio del
sottopalco (durante il concerto se ne aggiungeranno altri due ai lati).
Anche la regista del film, Jane Pollard, macchina fotografica in mano,
si mimetizza tra il pubblico ed è disponibile a fornire qualche
delucidazione sul film: la serata, spiega, è stata organizzata per
filmare lo scambio di energia tra i Bad Seeds e
il pubblico. Come risaputo, Nick Cave è un frontman viscerale che non
teme il contatto fisico con i fans. Unica nota negativa è l’eccessiva
luminosità della sala, dovuta alle necessità filmiche. Alle 20.15 i sei
Bad Seeds e il nostro salgono sul palco. Questa sera Nick, elegante come
al solito, indossa un completo nero con camicia dorata. Partono le note
di “We No Who U R” e la catarsi ha inizio. Si tratterà di un concerto
ridotto (15 canzoni in tutto) rispetto alle altre date del tour, ma di
un’intensità imparagonabile. Chicca dello show il duetto con Kylie
Minogue su “Where The Wild Roses Grow”(eseguita per la prima volta dal
1998). Il resto della setlist è costituito, in buona parte, da canzoni
tirate che gli permettono di esprimersi in tutta la sua fisicità
stringendo continuamente le mani delle prime file, fissandole dritto
negli occhi. Da ricordare in particolare il finale di “Higgs Boson
Blues” quando, inginocchiato, prende la mano di una ragazza, l’appoggia
al cuore e le sussurra: “Can you fell my heart beat?”. Solo due le
ballate al pianoforte: “Into my arms” e “Watching Alice”, poi classici
come “Tupelo”, “From Her to Eternity”, “Red Right Hand”, “Stagger Lee”,
tanto per citarne alcuni, e la nuova, stupenda, “Jubilee Street”. Gran
finale con “Deanna” e il pubblico in estasi: non rimane che attendere il
film, sarà ben di più che un divertimento.
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