lunedì 25 novembre 2013

Mark Lanegan
(Mestre, 18 novembre 2013 Teatro Corso)


Mark Lanegan è uno degli artisti più prolifici degli ultimi tempi. L'anno scorso ha dato alle stampe “Blues Funeral” (primo lavoro a nome Mark Lanegan Band in otto anni) a cui è seguito un lungo tour, visto nelle tappe di Bologna e Lubiana. Ricordo il chitarrista che l'accompagnava, Steven Janssens, un suono e un gusto negli arrangiamenti non indifferente.

Ne fa seguito la colonna sonora di “Lawless”, diretta da Nick Cave e Warren Ellis, in cui presta la sua inconfondibile voce. La nuova linfa creativa viene dalla collaborazione con l'inglese polistrumentista Duke Garwood con cui incide “Black Pudding” lasciando da parte certe sonorità elettroniche per tornare ad atmosfere desolanti e rarefatte. Poco dopo si cimenta in un album di covers, “Imitations”, in cui trovano spazio rivisitazioni di brani più o meno noti di artisti del calibro di Frank Sinatra, Nick Cave, John Cale e Neil Sedaka, solo per citarne alcuni.
Forte di questi nuovi lavori torna in tour accompagnato da cinque elementi: chitarra, basso, sax tenore, violino e violoncello. Un'edizione molto intima, da teatro; una vera e propria messa rock.

Mestre, Teatro Corso gremito, tutti seduti in religioso silenzio, avvolti dal buio, poche luci fioche sul palco. Sarà Duke Garwood ad aprire la serata; solo alla chitarra suona accompagnamenti minimali sussurrando melodie ipnotiche. Come un Caronte ci traghetta verso le profondità che ci attendono e non tarderanno a catturarci. L'atmosfera è creata, siamo pronti a partire cullati da atmosfere desertiche e una voce al gusto di whiskey. Soli.

Il viaggio comincia sulle note di When you're number isn't up, brano d'apertura di Bubblegum.
La voce bassa di Mark e la sua presenza magnetica ci trascinano sinuosamente verso gli abissi dell'anima.



Segue il traditional The Cherry Tree Carol registrato nell'Ep natalizio “Dark Mark Does Christmas”, canzoni noir ben lontane dai gingle patinati alla Mariah Carey.
One Way Street continua sulla scia, in una spirale sempre più profonda. Si passa poi a The Gravedigger's Song, uno dei pezzi più movimentati della serata, convincente anche senza batteria.

Ma è con Phantasmagoria Blues che si arriva definitivamente agli inferi, nel girone degli amori infranti. Da ascoltare a capo chino e occhi chiusi, mentre i brividi scendono lungo la schiena. L'aggiunta degli archi perfettamente mescolati al sassofono la rendono ancora più intensa, e poi la sua voce fa il resto.

A questo punto non ci resta che farci prendere per mano ed esplorare il paesaggio desertico di “Black Pudding”, in cinque canzoni. Prendete un pezzo come Mescalito, immaginate Harry Stanton mentre cammina inebetito e senza meta all'inizio di “Paris, Texas” e capirete cosa intendo. Lì la musica era suonata da Ry Cooder ma il paragone è senz'altro azzeccato.

L'ultima parte è costituita dalle covers di Imitations, ben due tratte dalla penna dei Sinatra: Pretty Colors di Frank e You only Live Twice di Nancy. C'è anche spazio per un tributo a Lou Reed in un'ispirata versione di “Satellite of love” (una delle migliori che abbia mai sentito).

Mark Lanegan non recita una parte, è un personaggio tormento ed autentico, lo si percepisce sulla pelle. Ne è riprova il modo in cui si abbandona su una sedia, in stato di trance, durante l'assolo di Halo of ashes, classico degli “Screaming Trees” e meta finale del viaggio, eseguito in due, con il solo accompagnamento del chitarrista. Risuonano le ultime note, si accendono le luci ed è tempo di tornare sulla terra.


Setlist:

When Your Number Isn't Up
The Cherry Tree Carol
One Way Street
The Gravedigger's Song
Phantasmagoria Blues
War Memorial
Mescalito
Cold Molly
Driver
Pentacostal
Pretty Colors
Mack The Knife
You Only Live Twice
Solitaire
Satellite Of Love
Mirrored
On Jesus' Program

Halo Of Ashes


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