Seduto sul divano ascolto
Lou Reed, 'A Perfect Night, Live in London', l'album che mi
fece innamorare, undici anni fa.
Ero ancora un ragazzetto,
avevo l'età in cui ci si avvicina ai giganti con innocenza e
ingenuità e la passione, se curata, può diventare una cosa seria.
La fiamma si stava accendendo, e non avrebbe fatto prigionieri.
Sono
passati due mesi da quella domenica 27 ottobre, e ancora non me ne
rendo conto.
Se torno con la mente alla
sera del 18 maggio 2003 provo ancora sensazioni vivide e vibranti.
Ero a Milano con mio padre, si trattava della prima gita musicale
della mia vita, avevo quindic'anni.
Da quella volta ne
seguirono molte, con Lou:
Pisa (19 luglio 2003),
Modena (1 luglio 2004), Berlino (25 aprile 2005), Pordenone (12 marzo
2006), Lubiana (13 marzo 2006), Parigi (23 giugno 2007) e l'ultima,
sempre a Parigi, il 28 giugno 2008 a conclusione di un viaggio
musicale a bordo del “Magic Bus”.
L'ultimo mio incontro
ravvicinato con Lou, lo ebbi la sera del 12 novembre 2008, quando
suonò alcuni pezzi a Reggio Emilia, ospite di Laurie Anderson, sua
moglie. Il pezzo che chiuse il concerto fu “I'll Be Your Mirror”
tratta da quell'esordio fulminante dei Velvet Underground nonché
brano di apertura di “A Perfect Night, Night in London”. Il ciclo
si era chiuso, ahimè per sempre.
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